La rappresentazione nell’eredità
Quali sono le sorti dell’eredità nell’ipotesi in cui il chiamato non possa o non voglia accettarla?
In presenza di due requisiti opera, ai sensi degli artt. 467 e ss. c.c., la rappresentazione:
- requisito soggettivo: che il soggetto che non possa o non voglia accettare l’eredità, c.d. rappresentato, sia figlio, anche adottivo, fratello o sorella del defunto;
- requisito oggettivo: che il rappresentato sia premorto al de cuius, dichiarato nei suoi confronti indegno, sia assente ex artt. 48 ss. c.c., abbia perso il del diritto di accettare l’eredità o più semplicemente vi abbia rinunciato.
La rappresentazione fa subentrare i discendenti nello stesso luogo e grado del loro ascendente.
Pertanto gli attori della rappresentazione sono due, il de cuius e il rappresentante, discendente del rappresentato, a favore del quale è indirizzata la rappresentazione, mentre il soggetto rappresentato rileva solo ai fini della determinazione della quota di eredità e della collazione.
Il rappresentante succede al defunto iure proprio (la designazione astratta – vocazione – è diretta, mentre l’offerta concreta dell’eredità – delazione – è indiretta) e pertanto deve avere la capacità di succedere fin dall’apertura della successione.
Il fondamento dell’istituto è la tutela della stirpe familiare del de cuius e della sua presunta volontà.
La rappresentazione non opera nell’ipotesi in cui il testatore esprima una diversa volontà, sia meramente negativa, cioè preclusiva dell’operatività della rappresentazione, sia positiva, designando già un soggetto che dovrà subentrare in caso di mancato acquisto dell’eredità da parte del primo chiamato.
Tuttavia acché operi la rappresentazione nell’ambito del testamento è sempre necessario che l’istituito erede sia figlio, fratello o sorella del testatore, in quanto la rappresentazione non può mai operare a favore di un estraneo.
Non si ha rappresentazione neppure nell’ipotesi in cui il soggetto che non voglia o non possa acquistare l’eredità sia nipote ex filio o ex fratre del de cuius, in quanto, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, la rappresentazione è un istituto di carattere eccezionale la cui applicazione non può essere estesa oltre i casi tassativamente previsti dalla legge.
La rappresentazione opera all’infinito e per stirpi, siano uguali o disuguali il grado dei discendenti e il loro numero in ciascuna stirpe.
Quanto alla circostanza che opera all’infinito, occorre specificare che ciò riguarda i rappresentanti e non i rappresentati, che, come chiarito sopra, devono tassativamente essere o figli o fratelli o sorelle del de cuius.
Si procede ad un esempio pratico: Tizio istituisce erede suo fratello Caio, il quale però non può o non vuole accettare la sua eredità; gli succederanno allora in linea successiva i figli, i nipoti, i pronipoti e così via di Caio.
Diversamente se Tizio istituisce erede direttamente suo nipote ex fratre, Caietto figlio di Caio, e questo non possa o non voglia accettare l’eredità, non si avrà rappresentazione.
Vediamo ora cosa vuol dire che opera per stirpi: Tizio muore lasciando solo due figli, Tizietto e Tizietta, i quali hanno a loro volta due figli ciascuno.
Se Tizietto e Tizietta rinunciano all’eredità, si avrà rappresentazione a favore dei figli di questi.
Cosa accade se anche uno dei figli di Tizietto rinunzia all’eredità del nonno?
L’eredità non si andrà a dividere esattamente per tre (due figli di Tizietta e uno di Tizietto), ma per due (in quanto due sono gli stipiti) e all’interno della quota si divide per due (per capi, perchè due sono i figli di Tizietta), mentre il figlio di Tizietto prenderà la sua quota, metà dell’eredità, tutta per sè.
Quando il primo chiamato muore successivamente al de cuius ma prima di aver accettato o meno l’eredità, non opera la rappresentazione, bensì il suo diritto di accettare l’eredità si trasmette al suo erede anche ove questo sia un estraneo.
In ultimo, si sente spesso parlare di accordi tra fratelli ove uno s’impegna a rinunciare all’eredità dei genitori in cambio, ad esempio, di una certa somma di denaro, perchè magari l’eredità è composta dalla sola casa familiare di difficile divisione.
Ebbene, se il rinunziante ha dei figli la questione non può dirsi risolta, perchè in virtù di quanto detto sopra, il diritto di accettare l’eredità dei nonni non viene meno, ma si devolve a questi.
Diversa è l’ipotesi di rinunzia espressamente a favore del fratello, che invece costituisce accettazione tacita dell’eredità.
È sempre opportuno, data quindi la numerosità e complessità delle regole che governano il diritto delle successioni, rivolgersi ad un professionista.
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6 Commenti su “La rappresentazione nell’eredità”
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Buongiorno Notaio , mio padre è morto, chiamati all’eredità siamo 3 figli, io sono intenzionata a rinuciare ma ho un figlio di 12 anni.
L’eredità non è in passivo, solo gli immobili in successione sono lontani dalla nostra residenza, di valore esiguo, e con costi di manutenzione presenti e futuri che non voglio sostenere , dubito però che con questa premessa il giudice tutelare autorizzi la rinuncia per mio filgio.
A questo punto pensavo di rinuciare io e attendere il trascorrere del tempo finchè mio figlio diventa maggiorenne senza inoltrare alcuna istanza al Tribunale.
Però ho 2 dubbi :
– mio figlio al compimento dei 18 anni conserva ancora intatta la facoltà di rinunciare all’eredità oppure potrà solo accettare con beneficio d’inventario ?
In rete leggo le opinioni più disparate sul punto , in particolare con riferimento a una sentenza della Cassazione del 2019 che ora non ricordo.
Grazie
Si suo figlio potrà fare quello che vorrà. Comunque non disperi della saggezza ed equilibrio del GT
Buongiorno Notaio, avrei bisogno di un consiglio.
I miei genitori hanno una proprietà:una quadri famigliare ed altre proprietà singole .
Noi siamo quattro figli e uno di questi da diversi anni non ha più rapporti verso gli altri. I miei genitori vogliono salvaguardare noi altri tre figli e vorrebbero dare altre proprietà a noi mentre la quadri famigliare che vale molto di più delle altre ma è più dispendiosa a livello di ristrutturazione e gestione al figlio che si è isolato dalla famiglia …. Però vorrebbero trovare una formula che nel caso mio fratello un giorno venda tutta la proprietà versi una quota verso gli altri fratelli… è possibile secondo lei? Spero di essere stato preciso… grazie mille in anticipo
Dovete essere d’accordo tutti. Altrimenti non si può togliere in nessun modo la quota di legittima ad uno dei figli. Se non sei lontano ti consiglio di venirmi a trovare per cercare una soluzione
Mi scusi Dott. D’Ambrosio vorrei un chiarimento se possibile.
Sono sposata senza figli. Se faccio testamento in cui lascio metà dei beni a mio marito e metà a mio fratello (con figli) , in caso di premorte di mio fratello e io non riscrivo il testamento, alla mia morte a chi andrà la metà che avevo destinato a mio fratello? Grazie
Il testamento rimane valido, e ne beneficeranno gli eredi del fratello premorto